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Lucia Zen

Inverno 2003

La bici più comoda, liscia, silenziosa che abbia mai portato. Ti accoglie e ti culla per le strade di una città infame come Roma, che non c’è bisogno di spiegare a chi la subisce (abita). Se ha un difetto questo è la sua leggerezza: dovrebbe essere un po’ più pesante per essere ancora più setosa. Ma non potevo fare in altro modo: il suo telaio è da corsa, della fine degli anni ’70, fatto dalla Olmo, che ancora oggi costruisce bici tra le più belle e veloci in circolazione.
E’ catarifrangente sul telaio, verniciato con nitro e microsfere di vetro cave, e fosforescente sulla forcella. Per questo si chiama Lucia.
E’ la più semplice bici a ruota libera che sono riuscito a pensare. Per questo si chiama Zen: semplicità che raggiungi dopo molti sforzi.
Non ha un cavo addosso; il freno è nel mozzo posteriore e si frena andando indietro con i pedali. Questo vuol dire che hai le mani libere, o almeno una mano: significa, per esempio, che quando piove puoi aprire l’ombrello e fregartene di cerate, cappucci, altro abbigliamento tecnico. La porti con una mano e la sicurezza resta la stessa. Le gambe hanno più forza di due mani, quindi si frena con maggior vigore e meno sforzo.
L’ho fatta in un momento in cui avevo bisogno di luce.
Era l’inverno più grigio che mi ricordi.
Rapporto: 42-18, come la bici di mio nonno



 
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